Luna Parco


   Nel paese delle girelle era festa grande: essa era più importante del Carnevale, ma del Natale no. Era come i falò di S.Giuseppe. Tante lucicabugie nelle strade, burzigotti di ogni tipo, un sacco di risate dovunque: i padri e le madri uscivano con i genitori ed i figli rispettivamente da soli. Ma si volevano tutti bene: si davano i baci con la lingua e la saliva, non ci faceva schifo a quelli. Che se non ci volete credere non ci credete e se ci volete credere peggio per voi!!
    Nell'aria si odorava un profumo di truno, quasi scandinavo, mescolato all'essenza di dolce traviata locale; le bancarelle erano pappazzute di oggetti variegati: dagli squisiti zucchifongi alle fumanti grappogne coi chiapperini per sgranchirsi l'appetito; oppure allorgi svuoc, pulmanini, garagi, frisbi, uonkmen, iòiò e frogioi colorati.
   Ma in questa bazzicaglia di persone felici c'era un piccolo bambino che l'avevano ingiuriato e si chiamava Ronzino. Ronzino era biondo grano e ciaveva, a casa sua, il castello di Skeletro, che giocava sempre con esso.
   Ma quella sera era triste. Si mise le mani nelle tasche e cominciò a camminare tra le giostre in cerca di compagnia: vedeva i bambini che si compravano il poppicorno e gli hog dog e ci veniva il groppone al gozzo. Lui era povero e si chiamava Ronzino.
   Ci piaceva anche vedere i nomi delle giostre, il Tappeto Volante, la Ballerina, Il Tunnel del fantasma, La giostra del Bacio, delle quali desiderava fare un giro sulle Montagne Russie. Fu così che decise di arrubbarci un biglietto ad un bimbo orfano che aveva visto al militare: si avvicinò e ci diede una stambata tanto forte che non se la meritava.
    In questo modo, però, Ronzino ebbe il biglietto e riuscì a salire sulle Montagne Russie. E proprio quando ci stava dicendo "simpattica" ad una bambina di nome Psilvia, pirilimpompì dal punto più alto della giostra e si sfraganò.
   Tutti che lo vedevano dicevano che ci stava bene, che simbarava, e che lui era più cattivo del lupo mannaio. Ronzino, purtroppo, capì che un altro poco e moriva: così s'insegnò a non arrubbare più ai bambini orfani incontrati al servizio militare.


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